Per l’indipendenza della Catalunya!

Per l’indipendenza della Catalunya!

 

Il prossimo 1 ottobre la Catalunya tornerà a pronunciarsi sulla propria liberazione nazionale. L’ennesimo passaggio di lotta capace di inceppare i meccanismi del governo liberista-nazionalista di Madrid e dell’intera Unione europea. Ne parleremo domani – giovedì 22 giugno – al Corto circuito coi compagni delle Cup (Candidatura d’unitat popular) e della Sepc (Sindacato studentesco dei Paesi catalani), e cioè con quella parte della sinistra rivoluzionaria catalana con cui nel corso degli anni abbiamo intessuto i maggiori rapporti politici proprio perché, distanti da ogni massimalismo parolaio, hanno saputo organizzare le lotte di classe catalane dentro la battaglia della rivendicazione nazionale e contro l’Unione europea liberista. Pur nella loro peculiarità, le Cup (e Endavant in particolare) costituiscono forse l’esempio più alto al quale la sinistra marxista oggi può riferirsi in Europa.

Non è la prima volta che il popolo catalano si esprime a larga maggioranza per un distacco dallo Stato spagnolo: già quattro anni fa si era tenuto un referendum per l’indipendenza, che fu rigettato come illegittimo da Madrid. Il fronte indipendentista, trasversale ma che vede una forte sinistra popolare al suo interno, ci riprova nell’autunno, sfidando le minacce del governo centralista spagnolo sull’incostituzionalità del referendum. Un referendum voluto dalla stragrande maggioranza del popolo catalano: il 73% (sondaggio riportato da Repubblica) è per il pronunciamento referendario.

Questo appuntamento non è solo una questione interna all’annosa lotta tra l’indipendentismo catalano (o basco) e il centralismo spagnolo, ma un altro possibile tassello nell’indebolimento della governance liberista europea e del recupero di quote di autodeterminazione, di sovranità popolare ma anche nazionale dal controllo pervasivo delle oligarchie finanziarie e tecnocratiche di Francoforte e di Bruxelles. Ma va registrato anche il momento politico generale in cui si situa l’appuntamento catalano, che vive certo di una condizione specifica, determinata, nazionale, ma che non si situa fuori dal contesto della crisi dell’europeismo liberista.

Dobbiamo registrare negli ultimi mesi che i centri dirigenti europei, dopo il traumatico strappo della Brexit e la sconfitta referendaria del 4 dicembre in Italia, hanno saputo reagire mettendo in campo una capacità di risposta e gestendo la crisi politica e ideale di legittimità e di governabilità che investe la costruzione euro-liberista. Le elezioni olandesi e il nuovo corso macroniano rivitalizzano almeno in parte il disegno politico e si può dire che siamo entrati in una fase di stabilizzazione relativa della crisi europea, montata nel 2011 con la crisi dei debiti nazionali, con la tragedia greca e culminata con lo strappo inglese. Una stabilizzazione relativa che verrà sugellata dalle prossime elezioni tedesche. Vorremmo quindi mettere in relazione la storia catalana con le spinte e controspinte che si stanno sviluppando in questa fase europea.

Parlare delle vicende catalane ci dà anche l’occasione però di toccare un tema scivoloso, vero e proprio tabù ideologico, foriero di polemiche molto spesso stimolate da una confusione imperante. La battaglia del fronte catalano progressista che vede le Cup soggetto protagonista di questo processo nazionale di autodeterminazione, ci dice anche che è possibile, se legato alle istanze di classe, delle masse popolari, del controllo democratico e della mobilitazione, non lasciare l’elemento della sovranità alla destra reazionaria, populista e xenofoba. Lo spoglio di sovranità democratica è uno dei caratteri pervasivi dell’Unione europea, ed è per ciò stesso uno dei terreni di scontro e di lotta entro cui la sinistra dovrebbe quantomeno avere la capacità di dire qualcosa di alternativo al non expedit che aleggia sull’argomento.

Come tenere insieme quindi l’elemento della sovranità popolare e dell’autodeterminazione dei popoli senza cadere in una lettura conservatrice, ottocentesca, ma considerare questo terreno un nodo fondamentale per recuperare spazio e radicamento nei ceti popolari. E’ un terreno, almeno nel nostro paese, spesso scivoloso ed egemonizzato dalla destra e da posizioni eclettiche di un presunto pensiero post-ideologico, ma è un partita con cui la sinistra di classe dovrà prima o poi articolare un pensiero originale, se non vuole essere costantemente scavalcata da un “populismo” in grado quantomeno di dire quel qualcosa che la sinistra non ha più la forza di dire.

Ci interessa quindi domani anche approfondire i contenuti sociali e popolari della battaglia per l’indipendenza e quale sarà il programma per la possibile transizione ed emancipazione dal liberismo del governo Rajoy e dal nazionalismo, questo sì regressivo ed escludente, dello Stato spagnolo.