La triste parabola dell’asinistra

La triste parabola dell’asinistra

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Questa mattina volevamo commentare il “clamore” suscitato dalla vittoria di luxuria all’isola dei famosi, o dei “morti di fama” come commentò causticamente qualche anno fa Aldo Grasso. Leggendo il manifesto di oggi ci siamo accorti, però, che Norma Rangeri l’aveva già fatto egregiamente. Questo è il suo articolo…

 

Dalla Muccassassina, locale roma­no simbolo della trasgressione, all’Isola dei famosi, cuore televisivo del conformismo popolare, passando per il Parlamento. È la parabola, davvero spet­tacolare, di Vladimir Luxuria, ieri deputa­to transessuale di Rifondazione comuni­sta, oggi metafora incarnata del vertigino­so precipizio di un comune sentire. La sua è la classica vittoria di Pirro, il successo di chi alza la coppa del trionfo come fosse la bandiera rossa del transgender mentre in realtà sventola le mutande di Valeria Mari­ni (messe come fascia per i capelli) nella pantomima che la incorona per meglio an­nullarne l’identità.

Non c’è bisogno di scomodare i sacri testi (le note di Giorgio Agamben a «I commentari della società dello spettacolo» di Debord) per convincersi di come «nel­la piccola borghesia planetaria, nella cui forma lo spettacolo ha realizzato parodisticamente il progetto marxiano di una so­cietà senza classi, le diverse identità che hanno segnato la tra­gicommedia della storia universale, stanno esposte e raccolte in una fantasmagorica vacuità». Gli italiani stanno vivendo da quasi un ventennio l’egemonia sociale, prima ancora che elettorale, di un berlusconismo, che riceve sempre nuove confer­me da una classe politica di sinistra affollata di uomini, don­ne e transessuali convinti di cavalcare una tigre che se li è già mangiati.

In una delle sue incursioni marziane. Adriano Celentano propose, tra i filmati shock, un piccolo «Blob» con scene dall’isola dei famosi: vallette in tanga che si strappavano i capelli insultandosi, per la gioia del pubblico voyeur. Un concentra­to di sessismo, conformismo e luoghi comuni, ovvero il nocciolo duro dei reality. La povera Luxuria (in senso lato vista la sontuosa vincita) è entrata nello show come un volantino stampato («parlerò di problemi sociali e politici»), e ne è usci­ta come una donnetta da ballatoio. Il massimo della popolari­tà lo ha infatti raggiunto con la spiata di un flirt tra una bella argentina (Belen Rodriguez) e un rubacuori del jet-set (Rossa­no Rubicondi), marito di Ivana Trump. «Vi siete baciati», svela Luxuria. «Dici questo perché sei invidiosa di me che sono una donna vera», ribatte Belen. Altro che «rottura del tabù dell’ere­rosessualità», come scrive Liberazione. Semmai l’incoronazione della reginetta del pettegolezzo nazionale, il trionfo del per­benismo, l’apoteosi del meccanismo conformista che spinge la macchina della televisione italiana. Viceversa, dovremmo sostenere che Cristiano Malgioglio o Platinette sono i porta­bandiera della libertà sessuale, il Costanzo show la barricata della rivoluzione di genere e il Billionaire di Briatore l’avanguardia dell’emancipazione femminile.

Nella puntata finale, mentre la regia inquadra  le maxi-tet­te di Mara Venier e della stessa Ventura la conduttrice sottolineava il bel momento con il suo stile: « A proposito di tettame e di fisicame, qui c’è una che ci batte tutte, è lei, la nostra Pa­mela Prati!!!!». Tette , culi e famiglia, ecco gli ingredienti so­praffini dell’Isola. Suggellati dalla Foggia in festa per la vincita del suo illustre concittadino. Per ricevere Luxuria i ragazzi del­la sua città hanno già preparato un bel rap: «Sei bbona, sei to­sta». Una vera rivoluzione, ma all’incontrario.

Norma Rangeri

Il Manifesto