Segnalazioni

 Tratto da espresso.repubblica.it/dettaglio/Cattivi-maestri-neri/2051743&ref=hps

CATTIVI MAESTRI NERI

Sull’onda nera si allungano vecchie ombre di cattivi maestri. Da anni in Italia sta crescendo una nuova generazione di estremisti di destra. Dal Lazio alla Lombardia, dal Sud al Nord-est, centinaia di giovanissimi scoprono la politica attraverso gruppi e movimenti che ostentano ideologie sempre più violente e razziste. Ora le dimensioni del fenomeno cominciano a preoccupare gli inquirenti dell’antiterrorismo, che stanno indagando in diverse città per scoprire i veri capi delle singole organizzazioni, svelarne i canali di finanziamento, chiarire i collegamenti interni ed esteri. La galassia nera non è compatta, spiegano gli esperti, ma divisa in reti che si fanno concorrenza, più che a parole, con azioni volutamente sensazionali.
Raid omicidi contro immigrati. Pestaggi di avversari politici. Scontri feroci con polizia e carabinieri. Incendi e devastazioni pubblicizzate come esempi. All’ostentazione dei vecchi simboli nazifascisti, i gruppi vincenti hanno affiancato o sostituito un “moderno ribellismo” indirizzato anche contro le istituzioni dello Stato: una rottura con la tradizione autoritaria della destra storica, che ricorda terribilmente la linea di quelle schegge
eversive che, negli anni delle stragi, si richiamavano alla ‘disintegrazione del sistema’ propugnata dal terrorista Franco ‘Giorgio’ Freda, l’editore condannato per 21 dei 22 attentati del 1969. In quest’area riemergente, che attacca i partiti ma è lacerata da faide segrete, stanno ritrovando un podio
altri vecchi big della destra eversiva. Mentre le teste più calde della sinistra antagonista rispondono alle
‘provocazioni’ con altra violenza. La crisi e gli scontri studenteschi peggiorano il clima. E tra gli inquirenti ora c’è chi arriva a temere “una nuova strategia della tensione”. I fatti più strani accadono in due città simbolo della destra di governo. A Milano nel 2007 un incendio doloso distrugge la sede di Cuore Nero. Il circolo è gemellato con Casa Pound, che oggi è il centro più affermato dell’estrema destra romana: il Blocco studentesco è una sua emanazione. Il gruppo di Cuore Nero ha come storico finanziatore Lino Guaglianone, ex tesoriere dei Nar (la banda armata di Fioravanti, Cavallini e Mambro) riciclato prima con An e poi con Storace. L’aggancio con Casa Pound coincide però con ripetute missioni a Milano di Gabriele Adinolfi, uno dei fondatori di Terza Posizione, da sempre irriducibile. Adinolfi teorizza “un movimento nazionale” e fa la spola con centri di mezza Italia, da Torino in giù. Sono i suoi uomini a dare un’ideologia a skin sbandati e ultrà da stadio. A Milano tutti, compresa la polizia, attribuiscono l’incendio all’ultrasinistra. E una coincidenza sembra confermarlo: i neo-brigatisti arrestati l’anno scorso avevano nel mirino proprio Guaglianone. E prima, fatto inedito, puntavano su Nico Azzi, il terrorista di Ordine Nuovo condannato per la bomba sul treno che, nel 1973, avrebbe dovuto resuscitare la falsa pista anarchica per piazza Fontana. Nel 2007 la morte naturale di Azzi ha riunito nella basilica di Sant’Ambrogio neofascisti e politici in doppiopetto come Romano La Russa, fratello del ministro. A Varese Adinolfi ha un alleato con un cognome storico: Rainaldo Graziani, figlio del fondatore (e rifondatore) di Ordine Nuovo. Attraverso la cooperativa Rivendell, Graziani gestisce un ristorante-birreria alle porte della città, che il 28 luglio 2007 viene incendiato. L’8 ottobre un altro rogo incenerisce due case e un rifugio alpino della stessa Rivendell. Chi osa provocare Graziani? Il leader cresciuto a Roma ha appena organizzato, nella sua ‘biergarten’, una “festa per il compleanno di Hitler”: neonazisti di tutta Europa con bimbi di sei anni che fanno il saluto nazista mentre i grandi cantano cori di questo tenore: “Sei milioni di ebrei, io lo rifarei”. La convivente di Graziani è indagata per aver presentato alle elezioni un “movimento nazional-socialista”. I due incendi vengono rivendicati da una sigla di sinistra mai comparsa prima, Vigilanza democratica territoriale, che scrive al questore di aver punito “noti fascisti coperti da simpatizzanti della Lega”. L’allusione è precisa: Graziani è molto vicino a un parlamentare leghista di Busto, ma combatte da destra Bossi e Maroni. La polizia teme una spirale di vendette tra rossi e neri, quando i carabinieri, per caso, fermano due 50enni su un’auto carica di liquido infiammabile: è il giorno del rogo al rifugio di Graziani (ore 18,45) e quella Golf è stata filmata sia in andata (17,47) che al ritorno (19,26) sull’unica stradina d’accesso. La sorpresa è che i due arrestati per l’incendio hanno un passato di destra: sfumato per Carlo Ariosto, che è il fratello della testimone d’accusa del processo Previti; pesante per Alessandro Campesi, un neofascista sardo tuttora agganciato al nucleo romano di Avanguardia nazionale. I contatti sono tanto frequenti da spingere la Digos a perquisire e indagare (come possibili mandanti) perfino il leader storico Stefano Delle Chiaie e i suoi luogotenenti. L’ex superlatitante oggi ha 72 anni e ha ricominciato a parlare ai giovani camerati, con l’amico Mario Merlino, proprio nei circoli di Casa Pound. Dai due arrestati escono versioni contraddittorie, smentite da polizia e procura. Campesi nasconde foto di decine di altri incendi, purtroppo non localizzabili. E la Digos si chiede perché un ex avanguardista ha colpito con il fuoco un big ordinovista come Graziani. Sembra una riedizione delle vecchie faide dell’ultradestra, con tanto di depistaggio a sinistra. Nel sito ‘Vivamafarka’ Adinolfi gestisce un forum dell’estrema destra, firmandosi Metapolis, e si schiera con Delle Chiaie: “La pista della faida interna è una boiata, è paranoia, pettegolezzo, cultura del sospetto”. A sorpresa gli risponde a muso duro Alice, che è la figlia acquisita di Graziani: “La casa che doveva bruciare con la gente dentro era la mia!!! Mi sono rotta le scatole di leggere che i tuoi camerati Delle Chaie, Magnetta e Giorgi sono coinvolti ingiustamente nel tentativo di trasformarmi in uno spiedino abbrustolito”. Qui la ragazza attacca “i servizi coinvolti nelle stragi”. E chiude con un monito ai camerati di oggi: “Okkio ai soloni e ai ciarlatani delle rivoluzioni”. Questi messaggi, recuperati da ‘L’espresso’, erano stati cancellati dal sito. Ancora più nero è lo sfondo di altre inchieste in corso tra Veneto, Piemonte, Lazio e Campania. Il 28 ottobre scorso i carabinieri del Ros hanno arrestato per traffico di cocaina (15 chili alla settimana) un ex killer dei Nar, Angelo Manfrin: secondo l’accusa, era il capo di una gang di ex terroristi neri, mafiosi del Brenta e banditi del clan Vallanzasca. In apparenza, solo un gruppo di reduci che fa i soldi con la droga. Ma a sollevare dubbi politici sono le intercettazioni di un ex ordinovista di Rovigo, Roberto Frigato, che parla a un camerata di “aiuti economici per appartenenti alla destra eversiva”. Frigato oggi è un attivista della Fiamma, che sostiene il governo Berlusconi, eppure ha “rapporti complessi” con l’ex killer nero Pierluigi Concutelli. E nelle telefonate sui soldi nomina tre ex terroristi dei Nar, tra cui Luigi Ciavardini, condannato per la strage di Bologna e, per l’estrema destra, ‘perseguitato dalla giustizia di Stato’. Anti-Stato e anti-polizia è anche la rivolta degli ultrà di Roma e Lazio che l’11 novembre 2007, dopo la morte del tifoso Gabriele Sandri, si sono alleati per devastare caserme e commissariati, mandando in ospedale 58 agenti. Quel giorno di guerriglia sembrava uno sfogo improvvisato dagli ‘amici degli amici’ del giovane ucciso da un poliziotto. In realtà, scrivono i magistrati, fu “un attacco programmato da un’associazione per delinquere legata alla destra eversiva”. A questa conclusione i carabinieri arrivano ascoltando in diretta il gruppo dei laziali di piazza Vescovio. Quegli ultrà formano “una struttura occulta legata a Forza Nuova”, pianificano agguati “con telefonini intestati al partito” e fanno base, “prima e dopo ogni azione violenta”, in un negozio della catena Il Presidio, che ha filiali in mezza Italia ed è uno dei canali del finanziamento politico. I neofascisti sono intercettati dalla notte del 29 giugno 2007, quando 25 squadristi assaltano un concerto ‘dei compagni’ a
Villa Ada. Gli aggressori si dividono tra ‘capi’, ‘senatori’ e ‘pischelli fomentati’, selezionati allo stadio per fare ‘il salto politico’. Tra ottobre e novembre due capi confessano al telefono una serie di “incendi ai campi rom”, definiti “una miccia accesa per impaurire il Parlamento”. A fine mese l’omicidio Reggiani diventa “l’ennesimo pretesto” per un nuovo “rogo di baracche dei disperati”, così motivato: “‘Sti romeni stanno infestando la nostra razza! Pulizia etnica, solo quella può salvarci!”. L’11 novembre la morte di Sandri scatena oltre 200 ultrà. “Dobbiamo faje un macello: scontri subito”. “In piazza Vescovio semo già 40, belli coi caschi”. “Sarà violenza pura, sarà l’inferno, Roma andrà a fuoco”. A unire le opposte tifoserie sono proprio i capi politicizzati. Il peggiore in campo, secondo i giudici, è Pierluigi Mattei, che si vanta di aver assassinato due romeni e vorrebbe “sparare in faccia alle guardie”. Le armi girano davvero. Il 23 settembre 2007 i carabinieri, fingendo un controllo casuale in piazza Vescovio, sequestrano a un capo degli ‘irriducibili’ “cinque grossi machete da usare contro i napoletani”. L’indomani ‘Carlo’ chiama dalla Campania il neofascista Francesco Ceci per protestare che “i machete non sono da ultras”: la prossima volta “noi napoletani porteremo le mannaie”. In novembre la morte di Sandri unisce tutti. Contro la polizia. E tra gennaio e febbraio quattro capi si accordano con i napoletani per fare le rivolte contro i rifiuti. Il calcio non c’entra più nulla. Mesi di telefonate collegano all’odio razziale o politico decine di scontri anche all’estero. L’uso strumentale degli stadi è confermato anche da un documento, sequestrato a un minorenne di piazza Vescovio, che ammaestra i ‘pischelli’ sulla “mentalità opposta dell’ultras moderno ribelle al sistema”: “L’ultras opposto non ha miti né fa di un gioco una ragione di vita, ma sfrutta il palcoscenico del calcio per combattere l’arroganza di chi indossa la divisa e la stampa in malafede”. Oggi a Roma Casa Pound è il faro, ma raid e agguati, stando alle intercettazioni, sembrano prerogative di gruppi concorrenti, pronti a tutto per recuperare visibilità. Nelle inchieste però manca il terzo livello: sopra i ‘pischelli’ con le svastiche, sopra alcuni “senatori” che “muovono soldi e cocaina”, c’è “gente più alta e più grossa”. E ora i giudici chiedono ai pm di indagare sulle “direttive impartite alla massa da personaggi non identificati”.
(09 dicembre 2008)

 

di Paolo Biondani