Egregio signor Bascetta

da senzatregua.org

Ieri mattina, a pagina 4 del Manifesto c’era un articolo di Marco Bascetta in risposta alle considerazioni (leggi) che come Senza Tregua e Rete dei Collettivi Studenteschi facevamo in merito ad un editoriale dello stesso Bascetta pubblicato il 29 ottobre scorso (sempre sul Manifesto). Questo è il suo articolo (leggi) e questa è la nostra risposta…

Egregio signor Bascetta,

Le scriviamo in relazione alla sua “precisazione” pubblicata su il Manifesto del 12 novembre, ove abbiamo riscontrato una serie di gravi scorrettezze sia sul piano del metodo che su quello del merito. Per questo motivo preferiamo darLe del Lei, del resto ci sembra di capire che non si offenderà se non l’annoveriamo tra i nostri “compagni”, termine che giudicherà terribilmente retrò. In primo luogo, Lei dedica il suo intervento al collettivo Senza Tregua, omettendo l’altro soggetto politico firmatario della lettera pubblicata il 9 novembre sempre su il manifesto: la Rete dei Collettivi Studenteschi. Riteniamo non si tratti, in questo caso, di un mero vizio di forma, bensì di un sotterfugio attraverso il quale passa il tentativo di delegittimazione di un’area politica ben più vasta di quanto non traspaia dall’intestazione della Sua replica. Tale scopo denigratorio emerge in maniera più netta nel merito del contenuto del Suo intervento. Infatti, pur ridefinendo parzialmente i caratteri politici dell’editoriale che aveva scatenato la nostra indignazione (e su questo torneremo in seguito), Lei ha buon gioco nel ridurre il nostro bagaglio politico-ideologico a una macchiettistica riproposizione di simbologie e terminologie con le quali la nostra pratica, ma soprattutto il contenuto della nostra lettera, non ha nulla a che vedere. Così facendo, Lei riprende le pratiche di delegittimazione proprie della peggiore sinistra riformista.

Dove erano i ritratti di Stalin, le falci e martello e i colbacchi bolscevichi nella manifestazione del 7 novembre? Noi ricordiamo “soltanto” centinaia di bandiere rosse allegramente sventolate da studenti più “consapevoli” di quanto taluni organi di stampa borghese volessero far credere (quasi che la mobilitazione degli studenti si esprimesse soltanto intorno ad aspetti corporativi). Altri punti del Suo intervento non ci convincono affatto. Quando afferma “«Né di destra, né di sinistra» non è una mia interpretazione, ma il modo in cui una larga parte del movimento degli studenti visibilmente si autopercepisce” Lei compie più o meno consapevolmente una tripla semplificazione: riduce il movimento antiGelmini al movimento universitario (dimenticando i lavoratori e le lavoratrici della scuola primaria, i genitori e gli studenti medi); poi fa coincidere il movimento nazionale con quello romano ed infine attribuisce al movimento tutto elaborazioni teoriche che appartengono ad una area che, per quanto autorevole, non può rappresentare la complessità delle lotte in corso. Solo se pensiamo alla Sapienza ci vengono in mente decine di compagni e di compagne, protagonisti generosi delle lotte e delle occupazioni, che non potrebbero mai essere inclusi in questo ragionamento. Da un intellettuale quale è Lei ci saremmo aspettati un analisi in grado di andare oltre l’apparenza, ma tant’è. Sempre nello stesso articolo, più avanti Lei scrive testualmente: “…resta…il sacrosanto diritto di reagire con forza ad ogni aggressione…ma questo il movimento ha dimostrato di saperlo fare…”. Non ha torto, signor Bascetta, ovviamente, ma le ragioni di ciò stanno proprio nella frattura che si è venuta a determinare il 29 ottobre, con lo smascheramento del tentativo, da parte dei fascisti , di inserirsi nel movimento, agendo come provocatori e braccio armato dei settori dominanti della borghesia. Smascheramento che ha indotto l’Onda a  praticare l’espulsione del Blocco dal corpo delle mobilitazioni e dal conseguente palesamento della natura antifascista del movimento studentesco. Questo, egregio signor Bascetta, proprio perché il movimento, nella sostanza di chi ne prende parte, o è antifascista o non è. Del resto, il nostro antifascismo trae le proprie radici nella lotta partigiana di chi, nel fascismo, non vedeva altro che la manifestazione congiunturale delle politiche capitalistiche, alle quali opponeva proprio quell’altro mondo possibile che auspichiamo di costruire anche noi.

Senza memoria non c’è futuro.

 

 

Collettivo “Senza Tregua”

Rete dei Collettivi Studenteschi